Coronavirus ed emergenza sociale, un’esperienza solidale a Palermo: «in questo momento bisogna essere presenti»

L’emergenza sanitaria scatenata dal Coronavirus rischia di avere conseguenze drammatiche su larga parte della popolazione. A farne le spese per primi sono sicuramente i più fragili, coloro che per la sopravvivenza quotidiana, soprattutto al Sud, dipendono da lavori saltuari, precari, poco garantiti quando non in nero, o dalla assistenza di vicini e familiari. Volontari, associazioni e operatori sociali si sono organizzati, autonomamente o in collaborazione con la macchina comunale, impegnandosi nella raccolta e nella distribuzione di beni di prima necessità per le persone più vulnerabili.

Giampaolo Reina è un medico di base, specializzato in psicologia medica. Con diverse esperienze di volontariato in Africa alle spalle, è molto attivo a Palermo. Collabora con gli Angeli della Notte, Onlus che distribuisce pasti ai senza tetto, e con altre associazioni di volontariato, oltre ad essere un punto di riferimento per le farmacie e i consultori solidali sul territorio.

Manuela Mezzatesta è una assistente sociale, coordinatrice del servizio di riabilitazione domiciliare del Centro Diaconale La Noce. Da quando le misure di isolamento hanno imposto lo stop del servizio, d’accordo con la direzione del Centro ha continuato a fornire assistenza ai pazienti istituendo una linea di consulenza telefonica.

Chiara Cianciolo è la coordinatrice del servizio di Housing sociale del Centro Diaconale La Noce: una struttura che offre alloggio temporaneo a prezzi calmierati a persone che attraversano un momentaneo disagio abitativo, garantendo al contempo il supporto di operatori per la fruizione di servizi sociali e sanitari e l’elaborazione di piani di studio o lavoro, così da consentire agli ospiti di riconquistare l’autonomia perduta.

Tutti e tre si stanno dando da fare per alleggerire il peso dell’isolamento per chi è maggiormente a rischio di emarginazione e dare una risposta ai bisogni e alle nuove situazioni di disagio che emergono nel contesto della pandemia.

Manuela e Giampaolo si sono conosciuti nel pieno dell’emergenza, entrambi mossi dal desiderio di fare qualcosa di concreto per tentare di alleviare situazioni che di leggero non hanno nulla. Nelle ultime settimane hanno battuto insieme la città, distribuendo pacchi spesa e farmaci a famiglie in difficoltà. Garantendo due turni di consegna, tra la mattina e il pomeriggio riescono a servire una decina di famiglie al giorno. Hanno già raggiunto almeno 60 nuclei familiari e fornito sostegno alimentare anche agli ospiti dell’Housing Sociale e ad alcune delle famiglie vicine al Centro Diaconale La Noce.

Manuela e Giampaolo, come è nata la vostra collaborazione?

Giampaolo: «Ci ha messo in contatto un’amica comune, pensando che saremmo andati d’accordo. Io e Manuela condividiamo lo stesso spirito, ci diamo da fare spontaneamente e con leggerezza»

Manuela: «Ed è stato realmente così, per giorni abbiamo lavorato senza sapere nemmeno che aspetto avessimo realmente, ci siamo visti sempre con la mascherina»

Da dove provengono gli alimenti e i beni di prima necessità che distribuite?

M.: «Ci sostiene una catena di solidarietà, in pochi giorni Giampaolo ha raccolto circa € 1600 di donazioni, frutto del passaparola solidale. Molte persone, appena sanno cosa facciamo, scelgono di aiutarci. Recentemente, anche un supermercato ci ha donato molti prodotti, di solito ci offre prodotti scontati e una corsia preferenziale per ridurre i tempi della spesa e facilitare la distribuzione»

Come vi siete organizzati per la distribuzione?

M.: «Il Centro Diaconale si è offerto di aiutarci e ci ha messo a disposizione un furgoncino ma preferiamo usare la ForFour di Giampaolo. Anche se dobbiamo stiparla all’inverosimile, si muove più agevolmente per le strade. Per consegnare abbiamo bisogno di raggiungere anche i bassi e i sottoscala del Centro Storico: l’altro giorno abbiamo portato la spesa a una signora sola che, a 86 anni, ha perso l’unico aiuto su cui poteva contare. Il figlio è un posteggiatore abusivo che in questo momento non riesce più a portare a casa nulla. Ma ciò che lamentava di più era la mancanza di relazioni umane, di un contatto fisico, di persone con cui potere parlare e alleggerire questo tempo di privazioni, non solo materiali»

 

 

Come entrate in contatto con le famiglie che aiutate?

M.: «La maggior parte delle famiglie che stiamo aiutando mi sono state segnalate da colleghe, in molti casi si tratta di situazioni sommerse, che non sono prese in carico dai servizi sociali. Altre famiglie sono conosciute da noi operatori. Insieme a prodotti alimentari, ci preoccupiamo sempre di inserire nelle buste della spesa alcool e detersivi, perché c’è anche un dato al quale si presta poca attenzione: ci siamo preoccupati tanto delle grigliate sui tetti, ma in certi contesti il rischio sanitario legato alle condizioni di vita e alla possibilità di rispettare regole igieniche di base è alto»

G.: «Cerchiamo di raggiungere per prime le famiglie con bambini, ma ci sono anche molti anziani soli. Molte situazioni mi vengono segnalate dalle mie conoscenze personali, altre le conosco direttamente, anche grazie al mio lavoro di medico di base e alla mia attività di volontario in tante realtà, come la farmacia solidale di piazza Bellini e quella dei Decollati»

La generosità dei vostri donatori ha risposto anche alla richiesta di aiuto del servizio di Housing sociale. Chiara, qual è la situazione attuale degli ospiti del servizio di Housing?

Chiara: «In questo momento ospitiamo 5 persone che vivono da sole e un nucleo familiare. Si tratta di persone che stavano faticosamente costruendo un percorso di emersione dalla marginalità: chi stava per attivare un tirocinio, chi un contratto di lavoro, anche se a tempo determinato. Soltanto una persona percepisce il Reddito di Cittadinanza ed un’altra continua a lavorare, per tutti gli altri i piani sono stati bloccati e rinviati, chissà per quanto tempo, alla fine dell’emergenza. Abbiamo dovuto affrontare anche il problema di un’ospite che aveva perso il sussidio di invalidità per una difficoltà burocratica. Ora lo abbiamo risolto, ma in questo periodo tutto è stato ovviamente più complicato»

Come vi siete organizzati per affrontare questa situazione?

C.: «Il contributo forfettario per l’alloggio e le bollette è stato temporaneamente sospeso. Abbiamo distribuito mascherine e gel disinfettanti e stabilito con gli ospiti regole per sanificare ogni giorno le superfici e uscire a turno. Abbiamo anche rifornito la struttura di beni di prima necessità per le prime settimane, ma per sostenere chi ha perso ogni fonte di reddito è stato necessario chiedere un aiuto alimentare. Oltre ai nostri ospiti, grazie ai donatori di Giampaolo e Manuela abbiamo aiutato anche un nucleo familiare che era riuscito ad affittare un appartamento e a rendersi autonomo dall’Housing, ma poi si è ritrovato in difficoltà perché ha perso l’occupazione, saltuaria, che consentiva di pagare l’affitto. Tra gli ospiti dell’Housing ci sono inoltre persone che stanno seguendo delle terapie e che dovrebbero sottoporsi a un monitoraggio sanitario costante, che al momento è più difficile garantire. Le prestazioni non urgenti sono state sospese e non sono state previste soluzioni per la mobilità di questi pazienti. I nostri ospiti riescono a sottoporsi ai controlli grazie all’aiuto di uno dei medici dell’ospedale che viene a prenderli e a lasciarli, volontariamente»

Manuela e Giampaolo, c’è un messaggio che volete lasciare, sulla base della vostra esperienza?

G.: «In questo momento bisogna essere presenti. Ognuno alla fine deve rispondere alla propria coscienza e l’importante è fare ciò che si sente di fare con libertà e leggerezza. Come dico sempre a Manuela, dobbiamo essere coraggiosi, non incoscienti»

M.: «Non sappiamo quanto durerà l’emergenza ma registro oltre al bisogno di beni di prima necessità anche un grande bisogno di legami, di relazioni. Il momento in cui consegniamo le buste della spesa è anche questo, un momento di relazione che porta un po’ di gioia»

 

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