La didattica a distanza: una riflessione a più voci e una testimonianza dagli operatori del SED (Servizio Educativo Domiciliare) del Centro Diaconale La Noce – Istituto Valdese
Giornali, TV e radio parlano ormai quotidianamente di didattica a distanza. La scuola diventa on-line con gli alunni e le famiglie. Lo spazio che intercorre tra i due luoghi diventa una casa, una cameretta o lo studio dei genitori per i più abbienti. E gli oggetti che separano i soggetti sono: PC, pagine web, dischi rigidi, strumenti e metodologie didattiche interattive e di tutoraggio. Però la cura educativa non è fatta solamente di calcolatori e non è sufficiente connettersi ad una rete internet o telefonica. Quest’ultima ci dà la possibilità di trasferire tutti i dati che desideriamo senza limiti, otre le distanze fisiche, ma per un educatore è difficile andare oltre la fisicità di un collegamento perché nessuna rete gli consente di connettersi alla dimensione massima di una memoria affettivo-emotiva che non è propriamente detta cache e che spesso resta off-line, non in linea o fuori linea.
E non è la sola… sì, perché la didattica, ora più che mai, sembra aver messo da parte il personale per l’universale, uniformando ciascun alunno a un tipo standardizzato e sembra trascurare la specificità di ogni persona e soprattutto di chi vive in una condizione di svantaggio socio-economico, culturale e linguistico. Allora, in un momento di tale smarrimento, sarà importante per l’insegnante essere collegato e “andare avanti con il programma”, ma per l’educatore sarebbe fondamentale essere presenti emotivamente e psicologicamente soprattutto per chi una casa, un genitore o un computer non ce l’ha. Da qui l’importanza di andare oltre l’aspetto del contenuto e verso un aspetto più relazionale. Ma chissà se dietro uno schermo riusciremo a cogliere anche minimamente ora uno sguardo, ora un’emozione.
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Durante questo periodo particolarmente difficile e alquanto unico, in cui anche noi stiamo cercando giorno dopo giorno di capire, di adattarci a quello che ci sta chiedendo il Virus, abbiamo messo da parte alcune abitudini, ruoli, interessi, ma una tra le cose che abbiamo deciso di mantenere è la nostra identità di educatore. Abbiamo deciso in un momento di crisi di continuare a stare per quanto possibile vicini alle famiglie che seguiamo, ai bambini con cui giornalmente ci troviamo a scalare grandi vette, e chissà se questa non sarà un’altra.
Con le famiglie che ne hanno espresso il desiderio, (desiderio… che bella parola), alla base della partecipazione e del cambiamento, ho continuato a svolgere degli appuntamenti giornalieri di un’ora, un’ora e mezza ciascuno, in cui tramite videochiamata svolgiamo parte dei compiti, mi rassicuro sulle loro abitudini, che in parte è importante mantenere, mi rassicuro e mi confronto con loro riguardo le loro emozioni, semplicemente gli chiedo “come stai?” Facendo sentire loro l’interesse e la voglia di ascoltarli, dando loro, anche se virtuale, un abbraccio caloroso. Non nascondo che anche per me è importante sentirli, sapere che sono vicini, che anche loro mi fanno compagnia in questo isolamento relazionale, un loro sorriso mi allieta la quarantena e mi fa ricordare “che tutto andrà bene”
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I nostri ragazzi, incontrati grazie al Servizio Educativo Domiciliare, rimangono a casa e anche noi lo facciamo, ma abbiamo continuato a tenere saldo quel filo che ci lega, che ci tiene uniti!
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In questo periodo di difficoltà generale sentire la vicinanza e il sostegno di un servizio sul quale poter contare anche a distanza è fondamentale! Noi lavoriamo per il benessere delle famiglie che seguiamo e donare un sorriso in un momento di sconforto è segno di grande speranza.
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La distanza in questi giorni ci ha dato soddisfazioni, altre volte ci ha messo a dura a prova ma il nostro impegno, la nostra vocazione non si esauriranno! Siamo e saremo presenti per i nostri ragazzi nell’aiutarli a svolgere i compiti o sostenendo le loro angosce e le loro paure. Il nostro sostegno, unito al loro impegno, e a una grande umanità da parte delle altre istituzioni coinvolte, possono creare spiragli di luce.
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Sono una giovane educatrice e pedagogista molto fiera di lavorare al Centro Diaconale “La noce” Istituto Valdese.
Chi si aspettava che questo virus si trasmettesse con così tanta facilità e per questo fosse tanto pericoloso? Talmente tanto da mettere quasi “in pausa” il nostro lavoro ma, in generale, tutte le nostre vite?
Noi educatori che svolgiamo il nostro servizio nelle case delle persone, siamo diventati quasi parte delle loro famiglie. Le famiglie che personalmente seguo confidano con me le loro ansie, le loro preoccupazioni.
Le mamme dei bambini che seguo, spesso, mi mandano messaggi dicendomi che si sente la mia mancanza e che mi vogliono bene; mi chiedono sostegno, consigli su come affrontare emotivamente questa situazione perché molto impauriti. I bambini chiedono quando continueremo a leggere i libri che abbiamo iniziato o quando tornerò a giocare con loro.
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In un momento come questo, dove la preoccupazione e la paura prendono il sopravvento, è opportuno evidenziare non soltanto il lavoro di medici, infermieri e operatori sanitari, ovvero gli eroi indiscussi di questo 2020, ma anche e soprattutto il lavoro di quelle figure professionali che rimangono sempre dietro i riflettori, ancora poco considerate nell’ambito sociale e professionale, ma che svolgono, ogni giorno, la loro mansione: essere portatori sani di educazione e di speranza.
In particolar modo, ci tengo ad evidenziare il lavoro che, oggi, gli educatori del servizio di educativa domiciliare, continuano a svolgere nonostante l’evoluzione della pandemia del Covid-19.
Come? si chiederanno in molti…
Ci sono lavori che, per essere riconosciuti “autentici”, non richiedono solo un pezzo di carta o una laurea, ma necessitano di amore, passione, dedizione, impegno e relazioni improntate sulla stima e sulla fiducia reciproca.
Ed è proprio in momenti di difficoltà come questo che i nostri bambini e, conseguentemente, le loro famiglie non devono essere abbandonati o lasciati da soli dinanzi alle notizie negative che, ahimè, siamo costretti a sentire a causa di questo mostro cattivo che ha colpito la nostra amata Italia.
Noi educatori e i bambini stiamo condividendo “insieme” questo lungo periodo di quarantena supportati, per fortuna aggiungerei, dall’evoluzione tecnologica che ci permette non solo di vederci e sentirci quotidianamente, ma di adempiere anche a quei doveri che la scuola oggi richiede, ovvero continuare con la didattica a distanza, al fine di non perdere tutto ciò che si è fatto sino ad oggi.
Gli educatori e i pedagogisti non possono e non devono sentirsi “in ferie” in un momento come questo, ma al contrario stanno dando prova di quanto siano davvero importanti le loro figure all’interno dei vari contesti educativi.
Da lontano, dinanzi ad un cellulare, tablet o pc, noi continuano il nostro lavoro senza fermarci, urlando a gran voce e insieme ai nostri bambini: “Andrà tutto bene”.
L’équipe SED: Antonio D’Andrea, Giusy Raso, Cristina Guardino, Annalisa Amato, Jessica Profumo, Miriana Cardaci, Francesca Vaccarino, Romina Ingrassia.